La domenica del referendum #4

Parlando del referendum del 4 dicembre in molti, da una parte e dall’altra, affrontano il tema della “modificabilità” della costituzione per sostenere l’una o l’altra tesi.

Quindi sorge spontaneo chiedersi: ma è la prima volta che ci troviamo di fronte ad un processo di revisione costituzionale o comunque ad un parlamento che approva una legge costituzionale che integra il testo della nostra carta fondamentale? La risposta è no (ovviamente), e in particolare la nostra amata carta costituzionale ha già subito 16 modifiche, qui riportate in un preciso ma semplice articolo del Corriere della Sera.

Mi pare importante segnalare che molte delle sedici modifiche sono sostanzialmente dovute, previste da precise riserve di legge, quindi auspicate già durante la stesura della carta del 1948. Altre modifiche invece sono sorte da una precisa volontà politica, ed in particolare nel 2001 con la modifica del famigerato TITOLO V e nel 2012 con l’inserimento del pareggio di bilancio in costituzione.

Ed è proprio su quest’ultima modifica che vorrei soffermarmi un attimo; poiché approvata dal parlamento a grande maggioranza, non ha dovuto passare al vaglio di alcun referendum popolare ma ha apportato una modifica alla carta molto più profonda di molte altre e a mio parere assolutamente negativa.

Inserire il pareggio di bilancio in costituzione significa interiorizzare un meccanismo di politica economica fortemente conservatore all’interno del sistema. Significa abdicare ad un ruolo della politica nella definizione di scelte strategiche per lo sviluppo di un paese. Sicuramente, direte voi, la modifica è stata fatta in un periodo complesso e delicato per l’Italia.  Condivido, ma ciò non toglie che molte delle personalità che oggi si stracciano le vesti per le attuali modifiche, allora erano semplicemente mute di fronte a questa scelta dal valore simbolico, ma anche politico, di grande rilevanza. Personalità sia del campo dell’accademia sia di quello della politica, che oggi si riscoprono “antagonisti” à la carte e ieri votavano il pareggio di bilancio in costituzione senza farsi troppi problemi.

Questa riforma, che va a cogliere molte delle esigenze istituzionali più urgenti, poteva anche essere l’occasione per sanare quella ferita e per eliminare quell’assurda norma.

Così non è stato, purtroppo.

La domenica del referendum #3

Michele Serra e Davide Mattiello. 

Questi sono i due protagonisti della breve puntata della “Domenica del referendum” di questa settimana. 

Serra e “L’amaca” pungente di oggi, che semplifica molto alcuni argomenti ma coglie l’essenza di un conflitto generazionale che sta dentro a questo referendum.

Davide Mattiello, amico e compagno di strada, e le ragioni del suo SI. Ragioni che sono fortemente ancorate al nostro paese e alla sua storia ma che hanno la forza ed il coraggio di andare oltre, disegnando un orizzonte più ampio: gli Stati Uniti d’Europa. Perché sullo sfondo del dibattito di questi mesi c’è davvero una oggettiva rivalutazione del ruolo degli Stati nazione nello scacchiere europeo e internazionale. In altre parole: semplificare le regole del gioco di ciascuno ci permette di scrivere regole che valgano per tutti. 
Buona lettura per chi vorrà e buona domenica! 

La domenica del referendum #2

Eccoci di nuovo, come promesso, per parlare del referendum del 4 dicembre.

Il primo contributo che voglio condividere con voi oggi è di natura distensiva, diciamo cosi. Un articolo condiviso da ilpost.it che mette in luce ogni aspetto chiave della riforma costituzionale e nello stesso tempo spiega quali siano le critiche mosse. Mi pare interessante perchè scritto con equidistanza rispetto alla parti in campo e anche perchè affronta i nodi tecnici ma anche quelli politici.

Il secondo contributo è più schierato, me ne rendo conto, ma lo voglio condividere perchè dal mio punto di vista questa campagna elettorale si è riempita anche di un alto tasso di inesattezze e questo non giova mai a nessuno. Nemmeno a chi muove le critiche più pesanti a questo testo di riforma. È un contributo che va a sfatare alcune delle critiche più bizzare alla riforma costituzionale, critiche che spesso non si basano su fatti concreti, spostando ancora di più l’oggetto del contendere dal merito alla rissa verbale. 

Francamente anche questa settimana non si è distinta dalle precedenti per qualità del dibattito pubblico sulla riforma. Segnalo solo l’amarezza nell’aver visto girare in rete foto, condivise da dirigenti del mio partito, che mettevano sullo stesso piano Renato Brunetta e Walter Tocci (con la scritta “per superare tutto questo basta un si”). Questa è la prova dell’enorme disonestà intellettuale che sta dietro la retorica di questa campagna. Dietro ad un SI o ad un NO non vi è nemmeno più il rispetto per la storia politica delle persone. Walter Tocci è un senatore del Partito Democratico che rappresenta un’intelligenza e una cultura rare da trovare oggi, chi pensa di usare come una clava le ragioni del SI passando sopra la storia di persone come lui ha già perso in partenza. Sul piano culturale prima ancora che su quello politico.

Ci tenevo a scrivere quest’ultima cosa, lo dovevo a Walter e alla sua storia.

Buona domenica a tutti! 

La domenica del referendum #1

Vorrei iniziare oggi ad entrare nel dibattito referendario in modo più puntuale e preciso di come abbia atto fino ad ora. Ne sento l’esigenza, nel profondo, perchè stare fuori da questo confronto alla fine mi pare da pavidi, da equilibristi. Avvicinandosi un appuntamento così fondamentale ogni cittadino deve prenderne parte. Io non voglio essere da meno.

Ammetto lo spaesamento di questi ultimi mesi, la tentazione di chiamarmi fuori, di non buttarmi nella rissa, cifra di ogni dibattito politico di questo paese. La dialettica si usa come arma per ferire l’avversario, si tira all’estremo per delegittimare e, alla fine, per descrivere una realtà manichea in cui se si afferma la propria idea vincerà “il Bene” mentre viceversa vincerà “il Male”.

Niente di più lontano dalla politica per come la concepisco io, niente di più perverso se si affronta un dibattito di rango costituzionale. Occorre, quindi, capire come entrare nella peggior campagna referendaria di sempre, senza cedere alle tifoserie, ma facendo ordine e pulizia tra i mille cori da stadio e cercando di arrivare all’essenza della cose, senza la pretesa di esserne io l’unico interprete. Al contrario, cercherò, ogni domenica, da oggi fino al 4 dicembre, di sottoporvi più riflessioni che mi colpiranno per la lucidità ed onestà di analisi degli autori, cercando di spiegare il perchè e di far emergere anche il mio punto di vista.

Non mi sottrarrò dal prendere una posizione, ma lo farò con il mio stile, perchè non mi voglio arrendere allo spirito del tempo, urlato, volgare e spesso ideologico. Non voglio essere frainteso; il mio non vuole essere un modo per distiguermi a tutti i costi o per affermare una superiorità morale o intellettuale. Voglio solo porre un argine alla deriva di questo tempo, dire a me stesso e a chi leggerà queste righe che è ancora possibile fare politica oggi senza trascendere sempre ed a sproposito nel frame della luce e del buio. Perchè la realtà è complessa e plurale. Il compito di un riformista è quello di leggerla nelle sue moltepilci declinazioni senza cedere alle semplificazioni. Non per sottrarsi alla passione e alla radicalità, al confronto duro e aspro quando serve, ma sempre con la consapevolezza che l’interlocutore è una persona che merita rispetto.

Quindi si parte con la prima puntata di “La domenica del Referendum”, sperando di portare un contributo utile.

La lettura che vi consiglio oggi è di Enrico Rossi, potete leggerla qui.

Mi ritrovo molto nelle sue parole; parla di PD e di riforma costituzionale, dei limiti e dei punti di forza. Parla anche di ciò che potrà succedere un minuto dopo il voto del 4 dicembre al nostro paese e al nostro partito. Tema questo, che mi preoccupa molto più di tanti aspetti che sento evocati in questa campagna.

Sulla stessa questione, quella dell’attimo dopo il referendum, ha scritto anche Fabrizio Barca qualche settimana fa. Riporto qui anche il suo contributo, come sempre preciso ed illuminante.

Buona domenica a tutti!

Interessanti riflessioni dopo il voto

Ho letto molte cose dopo il voto di domenica e come già detto altrove ritegno utile aspettare il ballottaggio per una più attenta analisi sul voto.

Ciò detto ho trovato comunque assolutamente puntuali e interessanti i contributi di Marco Damilano su l’Espresso (come spesso accade) e quello di Ezio Mauro su la Repubblica. Al secondo vorrei rimproverare una tardiva conversione ma lasciamo perdere.

Buona lettura!

Todo cambia! 

La storia cambia, la politica cambia, un paese cambia.

In giornate come queste si percepisce davvero quanto la politica incida sulla vita vera delle persone. Ed è splendido che questa percezione si misuri proprio sul terreno dei diritti. 

Abbiamo ottenuto un risultato storico anche se giustamente lo slancio di queste ore ci impone di non accontentarci e di continuare a camminare. 

L’Amore non si istituisce per legge ma alla politica sta il compito di riconoscerlo in ogni sua forma perché solo attraverso una piena uguaglianza si rendono le persone libere. 

Le unioni civili ci rendono un paese più civile e moderno ma la prossima legge chiamerà le cose con il loro nome: matrimonio egualitario stiamo arrivando! 

Gli elettori si rispettano, sempre! 

Gli elettori vanno rispettati, tutti. Senza dividere sempre il mondo in buoni o cattivi, intelligenti e ignoranti. Una democrazia matura si fa carico della disaffezione e la conduce verso la riscoperta di una cittadinanza piena, non la denigra e non la umilia. Allo stesso modo accetta un’astensione quando consapevole, e la rispetta. 
Molti segnali arrivano da questo referendum, per tutti, a Verbania come in tutta Italia. 
Alla Politica il compito di interpretarli e tradurli in fatti concreti. 

Le parole di Daniele

Sono giorni difficili lo ammetto, dovevamo scrivere una pagina storica e invece la politica si è arresa, ancora una volta. Delle mie aspettative avevo scritto qui e qui

È evidente che le cose siano andate molto diversamente. 

Le responsabilità sono ampie e condivise. Chi le scarica addosso a qualcuno in particolare o è in malafede, o non capisce nulla di politica. 

Per il resto la penso come Daniele, e vi consiglio le sue parole

Alla nostra generazione rimarrà ancora il compito di affermare i diritti, non ci fermerete. 

Le due strade 

di Robert Frost

Due strade divergevano in un bosco giallo e mi dispiaceva non poterle percorrere entrambe

ed essendo un solo viaggiatore, rimasi a lungo a guardarne una fino a che potei.

Poi presi l’altra, perché era altrettanto bella, e aveva forse l’ aspetto migliore perché era erbosa e meno consumata, sebbene il passaggio le avesse rese quasi simili.

Ed entrambe quella mattina erano lì uguali, con foglie che nessun passo aveva annerito.

Oh, misi da parte la prima per un altro giorno!

Pur sapendo come una strada porti ad un’altra, dubitavo se mai sarei tornato indietro.

Lo racconterò con un sospiro da qualche parte tra anni e anni:

due strade divergevano in un bosco, e io –io presi la meno percorsa, e quello ha fatto tutta la differenza. 

Ho pensato subito a questa poesia quando oggi Renzi ha descritto le due strade che abbiamo di fronte per approvare la legge sulle unioni civili. 

Questa mattina scrivevo delle aspettative rispetto alla sua relazione di fronte all’assemblea nazionale. Aspettative non completamente tradite perché devo ammettere che alcune parole chiare (non tutte quelle che avrei voluto però) sono state dette da Renzi (e non solo – questo il link dell’intervento di Daniele Viotti) sulla volontà politica chiara del Pd di portare a casa la legge. 

Certo però le due strade prospettate sono fortemente in antitesi e una di queste rischia di ridimensionare a tal punto il DDL da renderlo, non dico inutile, ma di sicuro fortemente al di sotto delle aspettative di molto di noi. 
Seguire la maggioranza di governo chiedendo la fiducia su un maxiemendamento del governo vorrebbe dire stralciare le adozioni e forse anche la parte riguardante l’equiparazione al matrimonio. Ma garantirebbe di sicuro una legge sulle unioni civili, debole e per nulla soddisfacente, ma almeno una legge. 

Andare in aula invece cercando i voti articolo per articolo, aprirebbe al Vietnam degli emendamenti canaglia e dei voti segreti, con il rischio di far saltare tutto l’impianto della legge, oppure addirittura di peggiorarla se dovessero passare alcuni emendamenti. Chiaramente però, questa seconda strada, se andasse a buon fine, porterebbe a compimento la legge nella sua totalità votata da una maggioranza diversa da quella del governo. 

Ora la scelta è nelle mani del gruppo PD al senato che martedì sera deciderà quale percorso imboccare. Sono evidenti i rischi, le trappole lungo il sentiero sono molte. Ma la richiesta che arriva dal paese è più forte dei tatticismi, i volti delle tante persone che in questi anni hanno chiesto solamente di vedere riconosciuto il loro amore, i diritti dei bimbi delle famiglie arcobaleno ci impongono ancora una volta una scelta di coraggio. 

Io spero che il nostro Partito sappia scegliere guardando al futuro. Come spero che il m5s si dimostri all’altezza della sfida, diversamente da come ha fatto la scorsa settimana. 

Lo sperano quegli amore negati che nessuno capisce a chi e perché dovrebbero far paura. 

“…due strade divergevano in un bosco, e io –io presi la meno percorsa, e quello ha fatto tutta la differenza…”

Dobbiamo poter dire di aver fatto la differenza, non c’è il Partito Democratico in ballo, ma la vita vera di uomini e donne che devono poter smettere di avere paura, come ha splendidamente detto Benedetto Zacchiroli oggi nel suo intervento.

La sensazione di star scrivendo una pagina di storia impone il più alto senso di responsabilità a tutti. Le speranze più belle del paese guardano al senato e ripongono nei nostri parlamentari e non solo la loro fiducia: non tradiamola ancora una volta. 

Senza il PD

Sono in viaggio verso Roma e spero di sentire oggi parole chiare e certe sul percorso che il DDL Cirinnà ha davanti a sé. 

Spero di sentire un segretario convinto e coraggioso nel dire che la legge non si cambia e che i voti possiamo averli sfidando tutto il parlamento su una legge di civiltà. 

Il PD in questa partita è l’attore principale, senza il nostro partito non vi sarebbe in questo momento nessuna discussione su una qualsiasi legge sulle unioni civili. Senza il Partito Democratico oggi non staremmo parlando di questo. 

Questo se lo devono ricordare tutti, ma proprio tutti, e lo ricordi anche Renzi oggi in assemblea, anche a qualcuno dei nostri che pensa di fare il furbo in senato. 

Prometto aggiornamenti dall’assemblea!