Anche dal Marocco, dove mi trovo per qualche giorno di vacanza, sento tutta la vergogna per quanto sta accadendo in Italia. Voglio provare, con le parole di un grande scrittore, a seminare un po’ di bene in mezzo a questo campo di male in cui sguazzano i seminatori di odio. È un esercizio di resistenza, a cui credo dovremmo tutti abituarci.
“…In Marocco il mare e il deserto si sono intrecciati in un vortice di domande, e nessuno è in grado di svelarne il significato molteplice, devastante, impossibile. Nessun bisogno di preamboli e riverenze verso ciò che non possiamo dominare. Allora lo disegniamo, lo rappresentiamo, lo trasferiamo nell’adulazione di tutti i suoi misteri. […] Il mare è anche una speranza che finisce male, una scommessa che scava un’immensa fossa, vascelli di carta che sprofondano nel cuore della notte e altri che si innalzano come statue sconvolte dalla bellezza del mondo, dalla grazia di una grande speranza. Dall’inizio degli anni Novanta, il cimitero marino del Marocco continua a inghiottire corpi che poi scaraventa sulle spiagge di Almería. Il mare è anche questa tragedia quasi quotidiana….”
(Tahar Ben Jelloun, “Marocco, Romanzo”)