“Sentinella, quanto resta della notte?” – riflessioni dopo il 4 marzo

Sono passati tre giorni dalle elezioni. Ho letto molto, ascoltato ogni tipo di analisi, cercato di metabolizzare quella che, non credo ci si possa girare molto intorno, è stata una sconfitta totale. Il PD ha perso le elezioni politiche, ha subito una sconfitta di sistema, di quelle che ti lasciano con il respiro rotto.

Sono passati tre giorni dalle elezioni politiche e sono giorni che penso a cosa scrivere. Da questo groviglio di pensieri sono uscite queste righe. Le condivido con voi nella speranza possano essere traccia, percorso, incipit di una discussione profonda che ci veda protagonisti nei prossimi mesi.

LE COSE CHE NON DOBBIAMO FARE:

  • La cosa peggiore che si possa fare ora è dare la colpa agli elettori, magari apostrofandoli come ignoranti, incapaci, populisti, eversivi, fascisti e tutta una serie di epiteti che vedo si stanno usando molto in queste ore. Se perdi le elezioni è colpa tua, non del destino cinico e baro. Se le perdi così male è doppiamente colpa tua. Quindi se non vogliamo passare per dei “bambini permalosi” evitiamo per favore di inseguire la logica del nemico (interno/esterno) ad ogni costo. E’ la logica che seguiamo da alcuni anni e ci ha portati qui, nel momento più buio.
  • Rinchiudersi nelle proprie certezze quando gli elettori ti hanno appena detto che nessuna di queste era per loro una priorità è una mossa quantomeno sciocca. E’ inutile dirci che noi avevamo la proposta politica più concreta e più realizzabile. Pochi hanno fatto questa valutazione quando sono entrati nella cabina elettorale, quindi sgombriamo dal campo questa argomentazione. Cerchiamo invece di metterci all’ascolto e di capire perché i nostri temi non hanno conquistato il dibattito pubblico. In altre parole, se perdi e continui e ripetere la stessa strada, continuerai a ripetere anche gli stessi errori. Quindi, per favore, fermiamoci, respiriamo, ed evitiamo di chiuderci nel bunker della nostra visione del mondo.
  • Abbandoniamo, vi prego, l’arroganza della nostra dialettica. Una comunità che appare arrogante, a cominciare da chi la guida, diventa subito respingente e assolutamente indigesta. Le democrazie moderne si basano sul relativismo politico che si oppone all’assolutismo ideologico. Quindi, ripetiamo insieme, non siamo portatori di Verità assolute e la nostra non è una fede da difendere, bensì un’ idea da realizzare.
  • Non affrontiamo dibattiti lunari su future alleanze. Capiamoci, non sono nemmeno iniziate le consultazioni, nessuna formazione politica ha fatto proposte di nessun tipo, quindi, esattamente, di cosa stiamo parlando?  È normale che il PD faccia opposizione e non si allei con forze politiche che rappresentano valori completamente diversi dai suoi. Io lo penso da sempre, sono felice di vedere che in molti abbiano cambiato idea. 
  • Non iniziamo a parlare per mesi dei nomi che dovranno guidare la nostra comunità politica. Questo dibattito non interessa a nessuno. Vi prego davvero, il toto nomi è una roba da “feticisti della politica”, non c’è nessuno a cui interessi il “rosario laico” dei nomi che si stanno scaldando per diventare il prossimo segretario del PD.
  • Non affrontiamo l’ennesimo congresso del PD solo per regolare i conti interni. Affrontiamo una fase di riflessione che ci permetta di capire dove abbiamo sbagliato. Sarà ovvio e conseguente che emergeranno nuovi leader e nuove figure, così come è ovvio che urge un cambiamento nella gestione del partito e nella linea politica,  ma non si deve partire dal nome per affrontare la crisi enorme nella quale ci troviamo. Non è stato un uomo solo a salvarci, come in molti hanno creduto in questi anni, non sarà un uomo solo a riportarci di nuovo a vincere.
  • Chi ha guidato la nostra comunità fino a qui eviti di mettersi di traverso solo per conservare una quota di potere utile per il futuro. Si può perdere oggi e si potrà tornare a vincere in futuro, ma non si può essere così cinici ed egoisti da voler tenere in ostaggio un’intera comunità politica solo per calcoli legati alla propria carriera. 

 

LE COSE CHE DOBBIAMO FARE:

  • Costruiamo da subito i momenti e i luoghi per comprendere ciò che accaduto. C’è una crisi enorme della sinistra europea e delle categorie con cui abbiamo analizzato fino ad oggi la politica. Dobbiamo concentrarci su questo: chi siamo? cosa e chi vogliamo rappresentare? Con quali strumenti vogliamo farlo? Dobbiamo rovesciare completamente l’impostazione dei nostri ragionamenti. Quella che abbiamo di fronte non è una sconfitta elettorale è qualcosa di molto più complesso. Lo dice bene Enrico Sola nel suo pezzo su ilpost.it: “Questo non è un semplice risultato elettorale: è un evento storico che segna un totale shift di paradigma in Italia e l’ insediamento di un blocco di potere totalmente nuovo.
    Non siamo soli: è qualcosa che sta succedendo, in modo più sfumato (qui in Italia ci teniamo ad avere il primato delle brutture), in tutto l’Occidente, dove crollano le sinistre e si impongono le destre xenofobe e sovraniste e i populismi.
  • La differenza potrà farla la nostra capacità di tornare ad essere davvero una comunità, chiudendo le correnti intese come spazi di mera gestione del potere e aprendo le porte del nostro partito. Cambiandone le regole se serve, cambiandone le liturgie e le modalità con cui (non)stiamo nelle nostre città, tra le persone che stanno male, che sono più esposte e fragili. 
  • Prepariamoci a non vedere risultati nel breve termine. Alleniamoci ai tempi lunghi. Ritorniamo a pensare, a generare cultura, ad appassionarci, a non pensare solo al potere per il potere. Ritroviamo la dimensione del servizio e della passione politica. 
  • Recuperiamo la coerenza della nostre azioni. Curiamo i rapporti con le persone e facciamo capire loro che verranno coinvolte nei processi decisionali, non solo una volta ogni quattro anni per scegliere un leader, ma durante questo tempo per scegliere davvero, per contare, per dare ancora un senso alla parola militanza.
  • Recuperiamo la coerenze delle scelte, anche nello scegliere con chi camminare e con chi no. Abbiamo reso permeabili le nostre comunità al punto da non avere più il controllo di esse. La giusta intuizione di un partito largo, plurale e non granitico, si è trasformata in un partito completamente scalabile da chiunque, senza più il senso di appartenenza che contraddistingue ogni comunità di persone. Non un’identità che esclude ma un modo di essere, coerente e logico, che ti fa sentire parte di qualcosa. 

Questi sono solo alcuni spunti di riflessione, me ne rendo conto. Non esauriscono in alcun modo la discussione sul nostro futuro, sul futuro della sinistra. Ma li condivido coi voi per aprire un dibattito. Ne sento un’esigenza estrema, dopo questi anni di equilibrismi e di paura nell’affrontare i problemi. Abbiamo smesso davvero di parlare del senso profondo delle cose che facciamo. Abbiamo smesso di guardarci in faccia e di dirci i perché.

Mi rivolgo a chi sta nel PD ma anche a chi ne è deluso ma cerca, con gli strumenti che ha,  la strada per una sinistra moderna. Incontriamoci e prepariamo la lunga traversata nel deserto che dovremo fare nei prossimi anni.

Enrico Sola nel pezzo citato qui sopra chiude ad ogni speranza nel breve periodo: “di fronte a risultati di questo genere e alla portata lunga che sembrano avere è inutile qualsiasi tentativo di lotta e di salvataggio del paese. Possiamo riposarci, fare altro, difenderci (e dovremo difenderci, fidatevi) e aspettare, aspettare, aspettare.”

Non so se sia vero o no, non so “quanto resta della notte”.  So però che può venir meno il consenso, possono cambiare le priorità di un paese, possono essere ignorati valori come la giustizia sociale, la libertà, l’equità dei diritti, la solidarietà e la tolleranza. Ma non verrà mai meno l’esigenza di dover affermare questi valori. Un paese intero può anche pensare che non sia il tempo della sinistra, ma la sinistra non può abdicare al suo ruolo di conoscere e rappresentare i bisogni di quel paese. Abbiamo forse smesso di farlo, o lo abbiamo fatto nel modo sbagliato. Ci siamo seduti, convinti che tutto andasse bene. Dobbiamo rimetterci in cammino, fare fatica e ridare senso al nostro impegno.

«Istruitevi, perché avremo bisogno di tutta la nostra intelligenza. Agitatevi, perché avremo bisogno di tutto il nostro entusiasmo. Organizzatevi, perché avremo bisogno di tutta la nostra forza»

(Antonio Gramsci, sul primo numero di L’Ordine Nuovo, primo maggio 1919)

Gramsci richiamava l’intelligenza, l’entusiasmo e la forza di organizzare un movimento. Abbiamo bisogno di ripartire da questi tre elementi. Dobbiamo tornare a studiare, ad entusiasmarci e ad organizzarci.

Lo dobbiamo fare per non lasciare lo spazio ad altri. Non possiamo abdicare, non possiamo rinchiuderci nelle nostre sconfitte. Dobbiamo ancora affermare la dignità della nostra scelta politica, cambiando ciò che va cambiato. La sconfitta ci disorienta è vero, ma non cancella le ragioni per cui ci siamo attivati e spesi nella vittoria. Quelle rimangono lì, ferme, ad aspettarci quando ci smarriamo o quando non abbiamo più voglia di continuare a camminare. Torniamo a quelle ragioni, torniamoci tutti insieme e ricostruiamo la comunità dei Democratici in Italia e tutta la sinistra europea.

«Mi concedi che non è disonorevole l’occuparsi di politica, che il non occuparsene è un venir meno a un dovere umano. Che la politica è una nobilissima attività umana, che fa parte del mestiere dell’uomo, del suo dovere di giustizia e di carità verso il prossimo.
Non si può lasciare il campo della politica, che è poi l’ordinamento dell’uomo per il bene comune, all’arbitrio incontrastato degli avventurieri d’ogni risma»

(Don Primo Mazzolari)

 

4 pensieri su ““Sentinella, quanto resta della notte?” – riflessioni dopo il 4 marzo

  1. Bravo Riccardo. Così si fa!E recuperare da quelli che si sono allontanati ben prima delle elezioni, dopo il referendum o anche prima, perché il PD non era più casa loro e si sentivano attaccati e indesiderati.Ripartire dimostrando che le ideologie sono importanti e il culto della personalità (anche quella di Grasso) una scemenza nel mondo della sinistra. Dimostrando di aver capito che con l’arroganza si perde e ci vuolè apertura e condivisione.Grazie delle tue riflessioni.Lorella

    Inviato dal mio dispositivo Samsung

  2. Condivido in toto. Ma chi tiene le redini del partito sarà disposto a mettersi in discussione ? E se necessario, a farsi da parte? Forse occorre una totale rifondazione. E mettere al centro un valore dimenticato: Il BENE COMUNE

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