Il fascismo, prima di essere un movimento politico, fu un collante della frustrazione, della rabbia, della violenza che circolava nel paese dopo la Grande Guerra. Arditi, picchiatori, reduci, nazionalisti e fanatici di ogni risma, videro nella retorica fascista un’opzione politica. Teniamola bene in mente, oggi, la genesi di quel movimento dopo i fatti di ieri a Macerata. Se non capiamo questo, se non cogliamo il pericolo di questa deriva allora non riusciremo ad evitare che la storia possa ripetersi. Un singolo atto di terrorismo può essere affrontato e punito dallo Stato. Ma quando emerge una proposta politica che dà rappresentanza a questa prassi politica siamo già andati oltre. Nei commenti di ieri, in tutti i “ma”, i “si ma non bisogna generalizzare”, i “non possiamo parlare di violenza politica”, c’è questa sottovalutazione di fondo. E dentro questo minimizzare c’è la concreta prospettiva di una marea nera che sta tornando nel nostro paese e in tutta l’Europa. Nel paese si muove questa marea violenta, a noi il compito di saperla chiamare con il suo nome e riuscire ad esserne argine democratico e popolare. Per evitare che tutto torni, che tutto si ripeta, per evitare di trovarci tra qualche tempo a dire: “come abbiamo potuto permettere che tutto questo accadesse di nuovo?”