La mia lettera all’Assessora Chiorino sugli Asili Nido

Alla C.A. dell’Assessora Elena Chiorino

Assessorato alla Pubblica Istruzione

Regione Piemonte

E p.c.

Alla C.A. dei Rappresentanti delle OO.SS. in indirizzo

CGIL Novara-Vco

CISL del Piemonte Orientale

UIL Novara-Vco

Verbania, 09 luglio 2020

OGGETTO: Indicazioni regionali per ripartenza Asili Nido

Gent.ma Assessora Dott.ssa Elena Chiorino,

con la presente Le segnalo la necessità ormai non più rinviabile di ricevere da parte della Regione Piemonte e quindi dal Suo assessorato, indicazioni dettagliate riguardanti la ripresa dei servizi educativi comunali.

Come Lei già saprà infatti, le linee guida nazionali previste dal Piano Scuola 2020-2021 menzionano le modalità di strutturazione dei servizi educativi per l’infanzia lasciando un ampio margine di flessibilità agli Enti preposti. Per questo credo sia fondamentale avere da parte della Regione Piemonte delle indicazioni maggiormente dettagliate per Comuni e gestori privati così da mettere tutti nella condizione di poter organizzare una ripartenza di questi servizi, così fondamentali per le famiglie e per i bambini delle nostre comunità, in modo efficiente e sicuro per gli utenti e per i lavoratori e le lavoratrici.

Sono consapevole che le Regioni si muovano dentro un quadro di riferimento fissato dallo Stato, eppure, vista l’urgenza di chiarezza, ritengono sarebbe auspicabile un ruolo maggiormente protagonista della Regione Piemonte sul tema, che possa aiutare ad aprire un confronto ed una interlocuzione con chi questi servizi li gestisce e li vive quotidianamente.

A titolo esemplificativo, ciò che appare oggi più urgente da sapere, oltre alle norme igieniche di carattere generale, sono la modalità di gestione dei rapporti educativi, con le potenziali conseguenti ricadute sulla gestione del personale, così come appare urgente ricevere indicazioni sulla tutela della salute del personale educativo e ausiliario e sulle caratteristiche che dovranno avere le strutture ospitanti così da garantire le prescrizioni previste.

Per affrontare nel merito questi aspetti sarebbe davvero necessaria l’apertura di un tavolo di confronto, da Lei convocato, con gli Enti Locali e le parti sociali per condividere insieme strategie e prospettive.

Certo del Suo interessamento rimango in attesa di un Suo sollecito riscontro nel merito.

Le giungano i miei più Cordiali Saluti e un augurio di buon lavoro in una fase così complessa come quella che stiamo vivendo.

L’Assessore alla Pubblica Istruzione

Riccardo Brezza

Errori da non fare commentando il voto in UK

Se pensate che per commentare il risultato delle elezioni in UK bastino le categorie della “destra vincente” e della “sinistra estremista perdente” credo siate fuori strada. Vero è che di questa lettura sono infarciti la maggior parte degli editoriali di tutti i giornali del paese. Vero anche che gli stessi editoriali davano per morta Brexit in UK, come davano per impossibile la vittoria di Trump in America, o davano per morto già due anni fa Pedro Sanchez in Spagna…(continuate voi l’elenco)

Cosa c’entrano questi fatti cosi apparentemente, ed effettivamente,  diversi tra di loro? Nulla sul piano delle singole esperienze e contesti, ma hanno invece in comune la capacità di questa o quella esperienza politica di creare connessioni sentimentali con il proprio paese, con la propria comunità, su parole d’ordine chiare e valori condivisi. Valori che noi possiamo considerare tra i peggiori al mondo, o tra i migliori, ma comunque un campo valoriale ed identitario che ha permesso a quelle esperienze di divenire maggioranza nei paesi in cui si sono affermate.

Tutto ciò per dire che leggere a sconfitta del Labour tutta in chiave politicista può far piacere a qualche nostalgico blariano che vuole togliersi la soddisfazione di attaccare la sinistra del partito, può servire strumentalmente a Renzi in Italia per fare il suo verso ed affermare la sua esistenza, ma non serve in alcun modo per capire come mai alcune cose sono capitate.

Le persone oggi non votano più sulla base di stringenti categorie politiche, ancor meno partitiche. Valgono sempre più le leadership e i valori di fondo che stanno loro dietro. Vale la capacità di rappresentare una proposta innovativa,  capace di rompere uno schema predefinito, in grado di garantire (anche solo in apparenza e non in sostanza) il bisogno di protezione che le persone manifestano.

Se fosse vero il contrario, come sto leggendo in queste ore, allora avremmo leder della cosiddetta sinistra moderata vincenti e festanti in tutta Europa, compreso in Italia. Ed invece come tutti sappiamo non è così. Renzi docet, Holland docet, Shulz docet.

Quindi consiglio vivamente ai molti che stanno scrivendo in queste ore di cambiare gli occhiali con cui guardano la realtà, soprattutto da sinistra o dal campo dei progressisti, perché diversamente rischieremo di non capire nulla di ciò che capiterà in europa, in occidente in generale, nei prossimi 20 anni.

#Scissione

“Non mi convince questa lettura della separazione consensuale. Io non intendo dare il mio consenso ad un’operazione di vertice che ha come obiettivo spaccare il PD e la sinistra in un momento così delicato e difficile per il Paese. Ora è il momento dell’unità, anche nella diversità, ora è il momento in cui abbiamo deciso di assumerci una responsabilità troppo grande, quella di tornare al governo. Di questa responsabilità, prima o poi dovremo rendere conto, di fronte al nostro popolo e di fronte alla storia. Cerchiamo, per favore, di esserne all’altezza”

Non mi unirò al coro di retroscena e giudizi che si leggono in queste ore sulla possibile scissione. Perché non credo sia un modo serio di fare politica per un gruppo dirigente, anche territoriale. Mi limito a riportare un passaggio di ciò che ho detto ieri nel mio intervento in Direzione Regionale del Partito Democratico Piemonte.

Oggi lo penso ancor di più.

Ora al lavoro!

Avere all’opposizione la peggior destra di sempre non sarà una cosa semplice. Una maggioranza parlamentare non diventa automaticamente egemone culturalmente se non è in grado di incidere concretamente nella vita delle persone entrando in connessione sentimentale con il paese. Questo dovrà essere il vero obiettivo del governo che sta per nascere. Tenere l’orecchio per terra, essere in grado di restituire speranza ad un paese impaurito, invecchiato, che pare aver perso la speranza verso il futuro e che si fida sempre meno della politica. Tutto ciò non sarà facile, ma del resto non esistono sfide semplici per chi si pone l’obiettivo di cambiare lo stato delle cose. Quindi ora non rimane che lavorare. Le tante parole di questi giorni, molte delle quali scomposte, potranno finire nel dimenticatoio oppure essere l’humus per una campagna elettorale permanente che non farà altro che aumentare l’instabilità del nostro paese.

Per evitare ciò abbiamo solo una strada: lavorare, farlo bene e in fretta per ridare una speranza all’Italia. Forza!

#GovernoDiSvolta

Una parola di verità

Rispetto alla vicenda del messaggio vocale di Matteo Richetti vorrei dire che, in fondo, quelle parole condivise in maniera libera con persone di fiducia, che poi non si sono rivelate tali, sono parole che danno libero sfogo a pensieri che in molti abbiamo nel nostro Partito. In ogni area, in ogni corrente, in molti territori. E allora uno dei servizi migliori che potremmo fare al nostro paese, per dire che siamo cambiati e che siamo credibili come alternativa, è quello di gettare la maschera di ipocrisia che contraddistingue talvolta il nostro dibattito interno e dire le cose come stanno. Alla fine, suo malgrado, Richetti ha detto quello che sappiamo in molti, e che non vogliamo ammettere:

“…I potentati locali stanno ovunque, i governatori che fanno male al partito stanno ovunque, le incoerenze di chi sta in campo per supplenza stanno ovunque…”

Con questa consapevolezza mi sono messo in campo per far crescere la candidatura di Nicola Zingaretti. Per questo da mesi stiamo dicendo #voltiamopagina. Per costruire un nuovo gruppo dirigente lontano dai criteri della fedeltà e della cooptazione intorno al leader di turno. Ripartiamo dalla politica, dai territori e dalla rappresentanza di interessi collettivi. Poi esistono il potere così come l’ambizione, nessuno lo nega, ma come strumenti e come mezzi, per redistribuire ai molti ciò che senza la politica e senza la sinistra rimarrebbe nelle mani di pochi.

Legalità e antimafia: cuore di una proposta per ricostruire la Sinistra

Ecco il testo dell’intervento che avrei dovuto fare oggi all’assemblea nazionale di Dems. Mi era stato chiesto un contributo sul tema mafie e legalità. Purtroppo le tempistiche non hanno reso possibile il mio intervento. Lo posto qui come elemento di condivisione in vista del congresso nazionale. Avrò certamente modo di riprenderne alcuni concetti, di persona, durante le prossime iniziative.

 

Buongiorno a tutte e tutti,

ringrazio Andrea Orlando per averci convocato qui oggi, e ringrazio Sergio Lo Giudice e Davide Mattiello che mi hanno chiesto di rappresentare la comunità di ReteDem e le battaglie fatte in questi anni insieme. Tra queste c’è sicuramente quella sulla legalità, contro tutte le mafie e la corruzione.

Credo che il cuore della nostra proposta congressuale debba essere questo, perché il tema delle mafie in questo paese è indissolubilmente legato al progresso della società tutta. Da sinistra occorre ribadire con forza il concetto che nessuna società più giusta potrà nascere se continueranno ad esserci mafia e corruzione. Perché la criminalità è un elemento irriducibile di rallentamento dei processi di sviluppo. Riduce la produttività delle imprese nei contesti in cui controlla parte del territorio, rende inefficiente la Pubblica Amministrazione là dove la controlla in cambio di favori, rende inefficaci anche le politiche di Welfare perpetuando fenomeni di marginalità sociale ed esclusione.

Da qui dovremmo ripartire, nella consapevolezza che in questi anni abbiamo visto predicare i temi della legalità, con furore giacobino, da forze politiche che ora, appena arrivate al governo, hanno votato norme che permettono la vendita dei beni confiscati o la possibilità di non presentare certificati antimafia per appalti sotto i 150 mila euro. Dico questo perché non basta ergersi a paladini dell’etica se poi la prassi di governo non è conseguente; sfidiamo il M5S su questo terreno, senza timori.

E sfidiamo pure la nostra comunità politica. Pio La Torre diceva che le mafie sono il crimine delle classi dirigenti; quindi candidiamoci tutti a formare una classe dirigente più all’altezza, più capace di organizzare un partito che non sia permeabile a certe logiche o fenomeni di infiltrazione. Perché, guardate, bisogna dirlo con forza, se parliamo di legalità esiste anche un tema che si concretizza con la domanda: con chi ti accompagni? E allora vedere, per esempio in Sicilia, il gruppo dirigente uscente del nostro Partito che, pur di rimanere al potere, stringe accordi con pezzi di Forza Italia deve farci reagire e dire basta! E questo non è solo un tema politico, di differenza tra sinistra e destra. E’ soprattutto un tema legato alla libertà. Come posso sapere se sei veramente libero se ti accompagni ad un certo ceto politico? Perché, vedete, ho un timore. Non vorrei che si facesse di tutto per spostare l’attenzione su temi che non esistono, come l’alleanza con il M5S, quando qui il problema è che c’è qualcuno che invece gli accordi li ha già stretti davvero. Peggio ancora con forze  politiche figlie di una cultura che più di altre si è resa responsabile della degenerazione della convivenza civile in questo paese. O ci siamo dimenticati tutti della storia Italiana degli ultimi 30 anni?

Allora la legalità, la battaglia alle mafie deve essere il tema collante, poiché è in grado di sostenere il cuore di una proposta che rifondi davvero la sinistra. Avendo come monito la massima di Dalla Chiesa: “lo Stato dia come diritto ciò che la mafia dà come favore”. Quindi se mettiamo al centro i diritti sociali stiamo già combattendo la giusta lotta contro le mafie. Che si fanno forti delle povertà culturali ed economiche, che lucrano sulla marginalità e sull’abbandono, sulla solitudini umane. Lì deve stare la sinistra, lì deve tornare la sinistra. Nei luoghi dove le persone non si sentono parte di nulla, di nessuna comunità. Dove le persone non sentono di avere nessun posto nella società. Ecco quindi l’obiettivo principale, come scriveva Mauro Rostagno: “Noi non vogliamo trovare un posto in questa società, ma creare una società in cui valga la pena avere un posto”.

Quindi impegniamoci tutti, affianco a Nicola Zingaretti, per riaccendere questa speranza, per non lasciare indietro nessuno, per non lasciare solo nessuno, a partire dai tanti testimoni di giustizia che devono sempre sentire lo Stato dalla loro parte. Non è chi denuncia che deve avere paura, sono i mafiosi che devono avere paura dello Stato. Se accada il contrario vuol dire che il meccanismo è impazzito e il nostro impegno deve continuare.

So che Nicola ha messo al centro della sua proposta tutto ciò, e la formazione di una Piazza Grande contro le mafie né è una gran bella prova. Impegniamoci quindi affiancando la memoria all’impegno, come molti di noi hanno imparato a fare in questi anni.

Quindi chiudo facendo memoria di una giovanissima vittima innocente di mafia: Rita Atria. Testimone di giustizia e vittima. Rita è una ragazza che a 17 anni si toglie la vita dopo la morte di Paolo Borsellino, perché la solitudine è troppa e la sensazione di abbandono è totale. Quella solitudine è la più grande sconfitta dello Stato. Come tutte le solitudini umane sono una sconfitta per la sinistra e anche una sfida. Ripartiamo dalla storia di Rita, dal suo coraggio e dalla sua fragilità. Che sia l’immagine del lavoro immenso che c’è da fare e di cui ha un disperato bisogno l’Italia.

Riaccendiamo la speranza, rimettiamo al centro le persone, libere dal bisogno e dalla paura. Liberiamo questo paese dalle mafie, tutti insieme!

Congresso unitario? No, grazie.

La richiesta di un congresso unitario è davvero surreale. Se si vuole evitare un congresso vero, se si vuole evitare di spaccare il partito a qualche mese dalle europee non serve fare generici appelli all’unita. Basta tenere Maurizio Martina alla guida della nostra comunità, cosa che per altro sta facendo molto bene, per tutto il tempo necessario. Diversamente questa proposta sembra un alibi e una mancanza di coraggio, oltre che segnalare quanto qualcuno non abbia ancora capito cosa è successo il 4 marzo. Non si esce dalla nostra peggior sconfitta con un sommesso “volemose bene”, se ne esce dicendo le cose chiare, definendo una linea precisa, una direzione in cui andare. Io credo che debba essere una direzione molto diversa da quella che ci ha condotti fino a qui. Chi la pensa diversamente è libero di farlo, ed è libero di candidare e sostenere chi più desidera, ma non ci obblighi, con la scusa dell’unità, a rimuovere una discussione sincera e franca su questi ultimi anni. Qui qualcuno ha paura della “conta” dicono, io invece vorrei che potessimo contare davvero. Ma non con l’accezione che la brutta politica dà a questa parola: io vorrei contare gli amici e i compagni che ancora hanno voglia di fare strada con noi, quelli che abbiamo perso e che potrebbero tornare, quelli che abbiamo trovato per strada e che non sono convinti di restare. Quelli che non ci hanno mai visto come interessanti ma potrebbero iniziare a farlo. Ecco chi vorrei contare, vorrei contare le volte in cui ci mettiamo in ascolto di ciò che sta accadendo nella società e le volte in cui senza arroganza ragioniamo sugli errori fatti. Vorrei contare le volte in cui siamo stati comunità, troppo poche, lo so già da ora.

Ecco a cosa serve il congresso. Fuori da questa visione c’è solo un intero gruppo dirigente che si auto-assolve, ed io non ho alcuna intenzione di stare a guardare mentre questi parlano ad un confessionale vuoto. Forza!

Grazie Maurizio!

Oggi Martina ha parlato con il cuore.

E voglio ringraziarlo perché non era né semplice né scontato. Il suo è stato un discorso coraggioso, appassionato e onesto. Ha parlato da segretario senza pesare le parole secondo gli equilibri di corrente. A tratti durante il suo intervento è sembrato quasi si stesse liberando da un peso troppo a lungo portato. In più passaggi del suo intervento si è rivolto a tutto il centrosinistra dicendo: “abbiamo capito la lezione del 4 marzo, ora però venite ad aiutarci”. Senza una seria comprensione di ciò che ci ha portati alla più grande sconfitta della nostra storia non potrà esserci futuro. Così come senza i democratici, senza le persone che oggi erano in Piazza del Popolo, non ci potrà essere futuro per la sinistra e per l’alternativa in questo paese. Le parole di Martina indicano una buona via verso il congresso per la nostra “comunità di destino”, come lui stesso l’ha definita. Fianco a fianco, per la strada, dove risiede il cuore dell’alternativa popolare che dobbiamo costruire e di cui questo paese ha, già ora, un disperato bisogno. La notte può essere anche molto lunga ma, se si hanno i giusti compagni di viaggio, arrivare fino all’alba può essere meno difficile del previsto. Forza, mettiamoci in viaggio! #fiancoafianco #perlitaliachenonhapaura #piazzadelpopolo

Vi prego basta! 

I caminetti no. I gigli magici nemmeno. Le assemblee no perché poi ci dividiamo. Le direzioni nazionali sono superflue. Invece discutere su Twitter del mandato esplorativo dato al Presidente della Camera è segno di assoluta maturità per una comunità politica. Vi prego, fate pace con il cervello e smettetela di tenere in ostaggio il nostro partito, di qualunque corrente voi siate, di maggioranza o minoranza, della prima ora o dell’ultima. Permetteteci di tornare a fare politica. Consultate gli iscritti, riscoprite il valore della militanza. Prima che non rimanga più nulla, prima che il dato del PD in Molise si trasformi in un dato nazionale. Francamente, non se ne può più di questa follia collettiva.

“Sentinella, quanto resta della notte?” – riflessioni dopo il 4 marzo

Sono passati tre giorni dalle elezioni. Ho letto molto, ascoltato ogni tipo di analisi, cercato di metabolizzare quella che, non credo ci si possa girare molto intorno, è stata una sconfitta totale. Il PD ha perso le elezioni politiche, ha subito una sconfitta di sistema, di quelle che ti lasciano con il respiro rotto.

Sono passati tre giorni dalle elezioni politiche e sono giorni che penso a cosa scrivere. Da questo groviglio di pensieri sono uscite queste righe. Le condivido con voi nella speranza possano essere traccia, percorso, incipit di una discussione profonda che ci veda protagonisti nei prossimi mesi.

LE COSE CHE NON DOBBIAMO FARE:

  • La cosa peggiore che si possa fare ora è dare la colpa agli elettori, magari apostrofandoli come ignoranti, incapaci, populisti, eversivi, fascisti e tutta una serie di epiteti che vedo si stanno usando molto in queste ore. Se perdi le elezioni è colpa tua, non del destino cinico e baro. Se le perdi così male è doppiamente colpa tua. Quindi se non vogliamo passare per dei “bambini permalosi” evitiamo per favore di inseguire la logica del nemico (interno/esterno) ad ogni costo. E’ la logica che seguiamo da alcuni anni e ci ha portati qui, nel momento più buio.
  • Rinchiudersi nelle proprie certezze quando gli elettori ti hanno appena detto che nessuna di queste era per loro una priorità è una mossa quantomeno sciocca. E’ inutile dirci che noi avevamo la proposta politica più concreta e più realizzabile. Pochi hanno fatto questa valutazione quando sono entrati nella cabina elettorale, quindi sgombriamo dal campo questa argomentazione. Cerchiamo invece di metterci all’ascolto e di capire perché i nostri temi non hanno conquistato il dibattito pubblico. In altre parole, se perdi e continui e ripetere la stessa strada, continuerai a ripetere anche gli stessi errori. Quindi, per favore, fermiamoci, respiriamo, ed evitiamo di chiuderci nel bunker della nostra visione del mondo.
  • Abbandoniamo, vi prego, l’arroganza della nostra dialettica. Una comunità che appare arrogante, a cominciare da chi la guida, diventa subito respingente e assolutamente indigesta. Le democrazie moderne si basano sul relativismo politico che si oppone all’assolutismo ideologico. Quindi, ripetiamo insieme, non siamo portatori di Verità assolute e la nostra non è una fede da difendere, bensì un’ idea da realizzare.
  • Non affrontiamo dibattiti lunari su future alleanze. Capiamoci, non sono nemmeno iniziate le consultazioni, nessuna formazione politica ha fatto proposte di nessun tipo, quindi, esattamente, di cosa stiamo parlando?  È normale che il PD faccia opposizione e non si allei con forze politiche che rappresentano valori completamente diversi dai suoi. Io lo penso da sempre, sono felice di vedere che in molti abbiano cambiato idea. 
  • Non iniziamo a parlare per mesi dei nomi che dovranno guidare la nostra comunità politica. Questo dibattito non interessa a nessuno. Vi prego davvero, il toto nomi è una roba da “feticisti della politica”, non c’è nessuno a cui interessi il “rosario laico” dei nomi che si stanno scaldando per diventare il prossimo segretario del PD.
  • Non affrontiamo l’ennesimo congresso del PD solo per regolare i conti interni. Affrontiamo una fase di riflessione che ci permetta di capire dove abbiamo sbagliato. Sarà ovvio e conseguente che emergeranno nuovi leader e nuove figure, così come è ovvio che urge un cambiamento nella gestione del partito e nella linea politica,  ma non si deve partire dal nome per affrontare la crisi enorme nella quale ci troviamo. Non è stato un uomo solo a salvarci, come in molti hanno creduto in questi anni, non sarà un uomo solo a riportarci di nuovo a vincere.
  • Chi ha guidato la nostra comunità fino a qui eviti di mettersi di traverso solo per conservare una quota di potere utile per il futuro. Si può perdere oggi e si potrà tornare a vincere in futuro, ma non si può essere così cinici ed egoisti da voler tenere in ostaggio un’intera comunità politica solo per calcoli legati alla propria carriera. 

 

LE COSE CHE DOBBIAMO FARE:

  • Costruiamo da subito i momenti e i luoghi per comprendere ciò che accaduto. C’è una crisi enorme della sinistra europea e delle categorie con cui abbiamo analizzato fino ad oggi la politica. Dobbiamo concentrarci su questo: chi siamo? cosa e chi vogliamo rappresentare? Con quali strumenti vogliamo farlo? Dobbiamo rovesciare completamente l’impostazione dei nostri ragionamenti. Quella che abbiamo di fronte non è una sconfitta elettorale è qualcosa di molto più complesso. Lo dice bene Enrico Sola nel suo pezzo su ilpost.it: “Questo non è un semplice risultato elettorale: è un evento storico che segna un totale shift di paradigma in Italia e l’ insediamento di un blocco di potere totalmente nuovo.
    Non siamo soli: è qualcosa che sta succedendo, in modo più sfumato (qui in Italia ci teniamo ad avere il primato delle brutture), in tutto l’Occidente, dove crollano le sinistre e si impongono le destre xenofobe e sovraniste e i populismi.
  • La differenza potrà farla la nostra capacità di tornare ad essere davvero una comunità, chiudendo le correnti intese come spazi di mera gestione del potere e aprendo le porte del nostro partito. Cambiandone le regole se serve, cambiandone le liturgie e le modalità con cui (non)stiamo nelle nostre città, tra le persone che stanno male, che sono più esposte e fragili. 
  • Prepariamoci a non vedere risultati nel breve termine. Alleniamoci ai tempi lunghi. Ritorniamo a pensare, a generare cultura, ad appassionarci, a non pensare solo al potere per il potere. Ritroviamo la dimensione del servizio e della passione politica. 
  • Recuperiamo la coerenza della nostre azioni. Curiamo i rapporti con le persone e facciamo capire loro che verranno coinvolte nei processi decisionali, non solo una volta ogni quattro anni per scegliere un leader, ma durante questo tempo per scegliere davvero, per contare, per dare ancora un senso alla parola militanza.
  • Recuperiamo la coerenze delle scelte, anche nello scegliere con chi camminare e con chi no. Abbiamo reso permeabili le nostre comunità al punto da non avere più il controllo di esse. La giusta intuizione di un partito largo, plurale e non granitico, si è trasformata in un partito completamente scalabile da chiunque, senza più il senso di appartenenza che contraddistingue ogni comunità di persone. Non un’identità che esclude ma un modo di essere, coerente e logico, che ti fa sentire parte di qualcosa. 

Questi sono solo alcuni spunti di riflessione, me ne rendo conto. Non esauriscono in alcun modo la discussione sul nostro futuro, sul futuro della sinistra. Ma li condivido coi voi per aprire un dibattito. Ne sento un’esigenza estrema, dopo questi anni di equilibrismi e di paura nell’affrontare i problemi. Abbiamo smesso davvero di parlare del senso profondo delle cose che facciamo. Abbiamo smesso di guardarci in faccia e di dirci i perché.

Mi rivolgo a chi sta nel PD ma anche a chi ne è deluso ma cerca, con gli strumenti che ha,  la strada per una sinistra moderna. Incontriamoci e prepariamo la lunga traversata nel deserto che dovremo fare nei prossimi anni.

Enrico Sola nel pezzo citato qui sopra chiude ad ogni speranza nel breve periodo: “di fronte a risultati di questo genere e alla portata lunga che sembrano avere è inutile qualsiasi tentativo di lotta e di salvataggio del paese. Possiamo riposarci, fare altro, difenderci (e dovremo difenderci, fidatevi) e aspettare, aspettare, aspettare.”

Non so se sia vero o no, non so “quanto resta della notte”.  So però che può venir meno il consenso, possono cambiare le priorità di un paese, possono essere ignorati valori come la giustizia sociale, la libertà, l’equità dei diritti, la solidarietà e la tolleranza. Ma non verrà mai meno l’esigenza di dover affermare questi valori. Un paese intero può anche pensare che non sia il tempo della sinistra, ma la sinistra non può abdicare al suo ruolo di conoscere e rappresentare i bisogni di quel paese. Abbiamo forse smesso di farlo, o lo abbiamo fatto nel modo sbagliato. Ci siamo seduti, convinti che tutto andasse bene. Dobbiamo rimetterci in cammino, fare fatica e ridare senso al nostro impegno.

«Istruitevi, perché avremo bisogno di tutta la nostra intelligenza. Agitatevi, perché avremo bisogno di tutto il nostro entusiasmo. Organizzatevi, perché avremo bisogno di tutta la nostra forza»

(Antonio Gramsci, sul primo numero di L’Ordine Nuovo, primo maggio 1919)

Gramsci richiamava l’intelligenza, l’entusiasmo e la forza di organizzare un movimento. Abbiamo bisogno di ripartire da questi tre elementi. Dobbiamo tornare a studiare, ad entusiasmarci e ad organizzarci.

Lo dobbiamo fare per non lasciare lo spazio ad altri. Non possiamo abdicare, non possiamo rinchiuderci nelle nostre sconfitte. Dobbiamo ancora affermare la dignità della nostra scelta politica, cambiando ciò che va cambiato. La sconfitta ci disorienta è vero, ma non cancella le ragioni per cui ci siamo attivati e spesi nella vittoria. Quelle rimangono lì, ferme, ad aspettarci quando ci smarriamo o quando non abbiamo più voglia di continuare a camminare. Torniamo a quelle ragioni, torniamoci tutti insieme e ricostruiamo la comunità dei Democratici in Italia e tutta la sinistra europea.

«Mi concedi che non è disonorevole l’occuparsi di politica, che il non occuparsene è un venir meno a un dovere umano. Che la politica è una nobilissima attività umana, che fa parte del mestiere dell’uomo, del suo dovere di giustizia e di carità verso il prossimo.
Non si può lasciare il campo della politica, che è poi l’ordinamento dell’uomo per il bene comune, all’arbitrio incontrastato degli avventurieri d’ogni risma»

(Don Primo Mazzolari)