A VERBANIA FACCIAMO IL PUNTO. ANZI 6

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E’ partita oggi la campagna di ascolto e proposta del circolo PD di Verbania “A Verbania facciamo il punto. Anzi 6”.

Qui potete trovare tutte le immagini della campagna aggiornate di giorno in giorno. Qui tutte le sintesi dei punti che vogliamo affrontare.

6 temi, 6 incontri pubblici da gennaio a marzo, tanti modi per dire che vogliamo stare al centro del dibattito politico cittadini e dettare l’agenda ascoltando prima di tutto i cittadini.

I temi scelti sono: Lavoro, Pianificazione strategica, Cultura, Politiche giovanili, Viabilità e trasporti e Urbanistica.

Ripartiamo da qui, dalle nostre proposte a sostegno dell’amministrazione comunale. Ma le risposte le vogliamo cercare con chi vive tutti i giorni la nostra Verbania.

State collegati allora, siete tutti coinvolti!

MEGA POST dopo l’assemblea nazionale

Lascio Roma.
Salgo sul treno.
Slaccio un bottone della camicia e mille pensieri cominciano a scorrere riguardo alla giornata di oggi.

Mille pensieri sul mio Partito, sul suo passato, sul suo presente e su ciò che sarà il suo futuro. Penso che io nel Pd ci credo dal 2009, da quando presi per la prima volta la tessera di un partito, sostenendo Ignazio Marino al congresso. Abituato a stare in minoranza insomma, da sempre.
Penso che quella tessera per me ha significato molto, soprattutto perché nasceva dopo l’incontro, durante le elezioni amministrative verbanesi, con la comunità del Pd della mia città. Scelsi di fare la tessera sopratutto per quell’incontro, per quei mesi di campagna elettorale, per i volti che avevo conosciuto e imparato ad apprezzare. Poi venne la dimensione nazionale, la decisione di stare con Marino e la convinzione che, al netto della contraddizioni che già allora riscontravo nel progetto del Pd, questo luogo fosse l’unico in grado di sostenere le sfide e le ambizioni di una sinistra moderna e riformista che potesse cambiare questo paese. L’unico contenitore in grado di convogliare le energie migliori di questo paese a servizio di un progetto ambizioso di riforme. Un contenitore largo e contendibile certo, condizioni essenziali per non cadere nel vizio ideologico della sinistra e per cogliere le sfide di un mondo che era già cambiato prima che la sinistra europea fosse in grado di fornire le riposte adeguate a questo cambiamento.
In altre parole il Pd, proprio per la sua natura larga e inclusiva, mi è sempre parso quel soggetto capace di intercettare le domande di cambiamento vero, capace di portare la sinistra fuori dalla cocente sconfitta consumata dopo la caduta del muro e mai analizzata fino in fondo, davvero.

Una casa grande insomma, capace di fare sintesi, tra le culture politiche più importanti del ‘900 italiano, quelle che avevano scritto la costituzione, che avevano liberato l’Italia e che ora, dopo essersi contrapposte per mezzo secolo, potevano finalmente parlare la stessa lingua: lontane dalle ideologie, dai pensieri unici, dai muri.

Questa analisi, che forse per molti miei coetanei potrà apparire come becera retorica, fu alla base di quella scelta. Scelta della quale non mi sono mai pentito, perché il riformismo per me è sempre stato un approccio alle cose della vita prima che una cultura politica. Prendere le cose che non vanno e cercare le soluzioni, un passo per volta, per cambiare radicalmente il mondo. Insomma una cosa seria.
Talmente seria da mantenermi saldo nelle mie convinzioni, tra le mille contraddizione che ogni organizzazione che si fondi sul consenso per conquistare quote di potere deve attraversare. Quelle contraddizioni che ho sempre trovato nel Pd, come nella società, ma che invece di allontanarmi da questo ambizioso progetto mi hanno spinto sempre un gradino più in alto, per cercare di combatterle e di superarle. Senza verità in tasca ma con molta tenacia.

Ecco, è importante per me ricostruire questi passaggi per riflettere su ciò che sta accadendo oggi al mio partito.

Il partito che ora ho l’onore di guidare nella mia città, il partito grazie al quale sono consigliere comunale e provinciale. Quella comunità di uomini e di donne che ora si trovano a governare buona parte delle amministrazioni pubbliche a tutti i livelli dai comuni allo stato.

Oggi non l’ho vista quella comunità. E mentre il mio segretario faceva la sua relazione conclusiva ho pensato a lungo al percorso che mi ha portato fino a Roma oggi, come membro dell’assemblea nazionale. Oggi ho visto quel ragazzo che 5 anni fa faceva la tessera in via Roma a Verbania e mi sono chiesto se in fondo ho fatto tutto ciò per arrivare a questo punto o se forse il mio obiettivo era diverso. E non nego che nel vedere questo partito così balcanizzato, così scomposto, così diviso, mi sono chiesto se ne valga davvero la pena.

Perché la verità amici è che spesso, quando si fa politica, si rischia di sentirsi un po’ soli in mezzo al mare in tempesta. Perché al netto di tutto servire la cosa pubblica è una cosa così grande e bella che ogni tanto fa paura.

Ecco a cosa dovrebbero servire i partiti, questi elefantiaci consorzi umani che ti fanno sentire parte di qualcosa. Servono a renderci più forti, a rappresentare in modo collettivo le istanze del singolo. Ecco a cosa servono i corpi intermedi, a far sentire meno solo l’uomo, che di fronte al potere nudo e crudo rabbrividisce dalla paura. Ecco perché faccio parte di un partito, perché credo profondamente a questo. Credo che nessuno si salva da solo e che una comunità che renda tutti un po’ più umani è quello che ci serve per trovare il nostro posto nel mondo.

Oggi non l’ho vista quella comunità e questo mi ha fatto male.

Vorrei che Matteo Renzi si rendesse conto prima di tutto di questo. Che non sta contribuendo all’unità di questo ambizioso progetto ma che invece fa di tutto per farlo saltare. Vorrei che capisse questo prima ancora di entrare nel merito delle questioni. Perché la sostanza, dal mio punto di vista, sta sopratutto nel metodo e nei toni insostenibili di questi mesi: contro i sindacati, contro la minoranza, contro i gufi, contro i professori, contro noi stessi, contro la nostra storia, contro, contro, contro.

Dico che viene prima il metodo del merito perché sul merito ci si può confrontare e trovare una sintesi, ma sul metodo no. Se mancano le premesse è difficile trovare le conclusioni. L’arroganza ti fa vincere le elezioni oggi forse, ma spacca e divide la tua comunità, e non c’è cosa peggiore di questa. Perché i segretari passano mentre i partiti dovrebbero rimanere, e sopravvivere ai propri leader. Il rischio di implosione è grande e io vorrei che lo si evitasse, lo dico davvero, con tutto me stesso.

Perché chi non ha mai creduto nel Pd oggi punta tutto sul suo fallimento, e posso anche accettarlo, ma chi invece nel Pd ci è nato non può accettare passivamente di vederlo distrutto.

Io dico questo, sapendo che forse sarà inutile: fermiamoci tutti un momento, comprendiamo la portata storica di ciò che rappresentiamo e magari riflettiamo su come ricostruire un senso di appartenenza che vada oltre all’opinione pubblica ma si radichi su valori condivisi da tutti.

Cosa è il Pd oggi?, cosa vorrà essere domani? Davvero le ragioni che ci hanno portato a fondare questo partito sono oggi superate?
Rispondiamo assieme a queste domande per favore prima di prendere decisioni definitive. E lo so che la responsabilità di questo sta prima di tutto nel segretario. E infatti se la deve prendere tutta.
Ma a tutti gli altri dico: abbiamo forse fatto questa traversata nel deserto per buttare via poco dopo tutto ciò che abbiamo costruito? C’erano forse ieri meno ragioni di oggi per andarsene e mollare tutto? Che senso diamo alla nostra presenza, anche se minoritaria, in questa casa comune?
Davvero non crediamo di avere la forza di crescere, radicarci nei territori e lavorare per far divenire maggioritaria la nostra visione?

Rispondiamo fino in fondo a queste domande e poi ognuno potrà liberamente fare le sue scelte, non prima però, dopo. Io almeno vorrei fare così. E così farò, con senso di responsabilità perché ci sono tante persone che ci hanno dato un mandato preciso, nel PD e non fuori, e non vorrei che deludessimo prima di tutto loro. Visto che molte di loro sono già ampiamente deluse dagli svariati mandati traditi dal nostro segretario nazionale.

Questo sarebbe proprio ingiusto.

Penso a tutto questo e a tanto altro. Mentre il treno arriva a Firenze, amara tappa per concludere questo post!

IN VIAGGIO VERSO ROMA, Chi vuole la scissione?

A leggere i giornali sta mattina sembra che potrei tornare dall’assemblea nazionale non essendo più nel PD.
La dico così, un po’ per esagerare e un po’ perché i toni si sono davvero alzati molto. La stampa e i media ovviamente contribuiscono a creare questo clima da scontro totale anche quando in realtà le questioni che poniamo sono molto più nel merito di quanto ci venga riconosciuto. Basta leggerle le proposte di CIVATI, magari prima di scrivere un articolo o un post.

Chi vuole spaccare davvero? Chi non sopporta che il PD sia una casa grande del riformismo e piuttosto che mediare preferisce spostarsi a destra? Di chi è la responsabilità di non dividere ma di unire?
Matteo tra poco potrà decidere cosa fare, se propinarci il solito monologo un po’ arrogante e sopra le righe oppure dimostrare che se si chiede lealtà si devono riconoscere gli interlocutori e le loro istanze.
Se si chiede lealtà si deve rispetto.

Ci aggiorniamo più tardi.

Stay tuned!

UNANIMITA’

Questo il risultato del voto del consiglio provinciale sull’ordine del giorno che ho presentato a sostengo dell’emendamento 37/40 proposto da Davide Mattiello alla Camera dei Deputati e ora al voto al Senato.

Ci sono momenti felici e che ti riempiono di orgoglio quando fai politica. Questo è uno di quelli.

Ecco, è importante raccontarli e saperli raccontare.

Penso a quel fiore di Rivoli e al valore profondo che hanno per me le parole: scuola pubblica repubblicana.

Il bilancio dell’Immacolata

E’ già passato un anno dalle primarie del Partito Democratico che hanno eletto Matteo Renzi segretario.

A quest’ora un anno fa i seggi erano già aperti da tre ore e le persone cominciavano a votare. I militanti PD chiudevano così una breve ma bella campagna congressuale, fatta di confronto e di conoscenza di territori e iscritti. Certo una campagna dal risultato molto prevedibile, ma che comunque, tutti lo sapevano, avrebbe cambiato di molto il volto del PD per come l’avevamo fino a quel momento conosciuto.

Certo siamo arrivati tutti abbastanza stanchi a quelle primarie. Con un partito assolutamente logorato dalle elezioni politiche “non vinte”, dai 101, dal governo  Letta con Berlusconi, da una segreteria Epifani di assoluta transizione e per nulla incisiva.

Ora senza ripercorrere gli eventi, che tutti conoscete molto bene, penso sia il caso di fare qualche bilancio di questo anno trascorso. Un bilancio dell’Immacolata, perchè è passato solo un anno, ma molto è cambiato, molto è stato stravolto e tante cose che non ci saremmo mai aspettati sono successe. Insomma, come sta il Partito dopo un anno di segreteria Renzi? Come sta il paese lo sappiamo, ma io vorrei provare a fare un quadro della situazione partito.

Un pezzo di Mattia Feltri oggi su La Stampa prova a fare il punto chiedendo un contributo a quattro “esperti” (Ricolfi, Ignazi, Barbera, De Michelis) rispettivamente su quattro temi: economia, partito, riforme, estero. Il giudizio è moderatamente positivo, diciamo un pareggio, si salvano 2 ambiti su 4. Un si per riforme e estero e un no per economia e partito.

Partendo da qui vorrei provare a fare alcune considerazioni. Ovviamente di parte, lo dichiaro fin da subito, ma del resto non potrei fare diversamente. Comunque sono considerazioni che hanno l’ambizione di aprire ad un confronto con chi dovesse pensarla diversamente è avrà il “buon tempo” di leggere queste righe.

Proverò a dare un mio giudizio su quattro ambiti d’azione del nostro segretario,1) Organizzazione 2) Comunicazione 3) Rapporti interni 4) Costruzione identità. Ve ne sarebbero anche molto altri ma partiamo da qui.

  1. ORGANIZZAZIONE: Sotto questo aspetto in un anno Renzi ha dimostrato di non essere molto diverso dai suoi predecessori. Tra i figli del glorioso PCI e la nuova generazione naif che li ha rottamati c’è una sottile linea rossa. Su questa linea c’è scritto: TOTALE INADEGUATEZZA AD ORGANIZZARE LA STRUTTURA PARTITO NEL TERZO MILLENIO.  Questo è il dato. La nuova segreteria non ha dato prova di discontinuità. Sicuramente negli intenti ha dichiarato di voler superare la forma partito per come è stata sempre concepita, ma poi nei fatti non è stata in grado di indicare una credibile alternativa da strutturare. In altre parole ha indicato l’America come orizzonte ma poi ci ha detto che dovevamo raggiungerla a nuoto. E questo sul piano dell’organizzazione ci ha indebolito ulteriormente. Puoi dire che non ti interessano più gli iscritti, (e posso anche dire va bene) ma mi devi raccontare come costruire altre forme di partecipazione interna. Possono essere solo le primarie? Non credo proprio. In un anno nessuno iniziativa pubblica nazionale del PD, al netto del feste e delle “leopolde”, nessun collegamento con i territori, niente di niente. Non parliamo poi di soldi perchè ci sarebbe da piangere: abbiamo voluto abolire il finanziamento pubblico a favore delle cene ma la situazione finanziaria dei circoli territoriali è a dir poco drammatica, tenuto conto anche dei dipendenti delle federazioni. Era chiaro fin da subito che un segretario eletto che avesse la sola ambizione di fare il premier non avrebbe portato grande fortuna all’organizzazione interna ed ora siamo qui, a dirci le stesse cose che ci dicevamo un anno fa.
  2. COMUNICAZIONE: Il grande comunicatore Matteo non è riuscito a trasferire la sua grande abilita comunicativa a favore del partito. Questo è il dato. Penso che il sito nazionale del PD lo dimostri ampiamente (è solo un esempio). La comunicazione in campagna elettorale ha funzionato certo, ma  più per Renzi stesso che per un apparato comunicativo del partito degno di questo nome. I casi de l’Unita e Europa cristallizzano una situazione difficile, per carità non voglio dire che la colpa sia tutta di Renzi. Penso che il punto sia: con quali strumenti un partito diffonde i proprio contenuti  o, ancor meglio, dà spazio ai suoi militanti per confrontarsi su temi e visioni? Per molto tempo la carta stampata è servita anche a questo. Detto che la crisi oggi è dello strumento in genere e non solo di quei giornali cosiddetti “di partito”, come si struttura su nuove forme lo stesso bisogno? Come si mettono in circolo le idee? Come si costruisce una dialettica interna? Io credo siano questioni importanti ma non ho visto alcuno sforzo della segreteria nazionale in questa direzione.
  3. RAPPORTI INTERNI: Io ne sono convinto, la qualità di un leader si misura dalla sua capacità di rappresentare in sè una sintesi alta della dialettica interna. Ovvero non sei un buon leader se il dissenso lo prendi a schiaffi. L’arroganza di Renzi sarà anche figlia dello spirito del tempo, ma è un grande segnale di debolezza. Il PD è depositario di grandi storie e culture del secolo scorso, ed è anche figlio di un grande sforzo di sintesi e di unione. Non si può guidare con il piglio di un “arrogantello” di provincia. Attenzione non dico non sia un buon modo per vincere le elezioni, visto il tempo in cui viviamo, ma non sarà di certo un gran modo per rendere unita e forte la nostra comunità. I dati di tessere e anche affluenza alle elezioni (vedasi Emilia-Romagna) lo dimostrano ampiamente. So che a nessuno frega nulla, perchè tutto è secondario e ci sono ben’altri problemi, però io una pensata ce la farei. Il “frame” scelto da Renzi è chiaro e vincente per imporsi come leader nazionale in questa fase, molto marchese del Grillo, “io so’ io, e voi nun siete un….”, ma penso che non sia l’approccio giusto per un segretario.
  4. COSTRUZIONE IDENTITA’: Il quarto tema è il punto cardine. Centrale. Direi costitutivo. Da quando esiste il PD si parla della sua identità, non come tratto esclusivo ma come tratto fondativo. Da anni siamo alla ricerca della nostra “epifania” senza grandi successi. Non ne sono stati capaci i dirigenti che hanno preceduto Renzi, per evidenti ragioni. Ma da chi si è imposto come novità assoluta rispetto al passato me lo sarei aspettato, anzi era proprio un dovere. Voglio dire, pensavo che liberi dai fardelli del novecento, fatti di ideologie e anti-ideologie, si potesse finalmente costruire l’identità della nuova sinistra, e invece nulla. Peggio di prima, come prima, stesso copione. Una paura incredibile di essere tacciati come ideologici, come comunisti, come estremisti. E allora dritti ad inseguire la destra sul suo piano, e la conservazione. Certo qualcosa è cambiato, qualche tabù è stato lasciato alla spalle, per fortuna. Ma da questo punto di vista e fino ad ora Matteo Renzi si è dimostrato assolutamente inadeguato al grande compito che la storia gli ha consegnato. Il tema non è il derby per dimostrare chi è più di sinistra intendiamoci. Il tema è che in un quadro europeo così bloccato e in mano ai conservatori che scrivono le regole del gioco, il compito è quello di imporsi come forza di vero cambiamento. Come forza che supera gli steccati, questi si ideologici, che impongono le forze economiche e politiche sul piano europeo oggi. Da questo punto di vista l’intervista a Civati di oggi su Repubblica è illuminante. Se non crei identità non costruisci comunità. Il punto non è tornare al novecento, è al contrario capire che la forma partito per come è stata concepita fino ad oggi è davvero fallita e serve un altro collante. Dalla fiducia all’identità che si lega ad un progetto chiaro e leggibile di futuro. Basta con le parole dette e smentite dai fatti un secondo dopo. Ci vinci le elezioni così ma non ci cambi un paese. Il modello organizzativo delle associazioni è assolutamente vincente, per nulla antico e molto aperto, però in quel caso l’elemento identitario e l’obiettivo comune è chiarissimo ed auto-evidente. Su questi temi ci si dovrebbe interrogare, e invece nulla, in un anno nulla si è mosso in questa direzione. Abbiamo lavorato sull’identità nel senso che ci siamo spostati sensibilmente a destra per recuperare consensi ma senza sapere bene cosa ci vogliamo fare con questi voti. E infatti facciamo un po’ di tutto, e il contrario di tutto.

Queste sono solo alcune considerazioni in ordine sparso e spero non troppo confuse. So che è un bilancio molto negativo per essere il giorno dell’Immacolata e so anche che in queste contraddizioni ci siamo dentro tutti, me compreso. Ma so nello stesso tempo che fino a quando non le affronteremo non andremo avanti di un solo passo, vinceremo le elezioni forse, ma non cambieremo la storia e questo se permettete mi pare un compito più grande. E badate bene, lo so che per realizzare il secondo occorre realizzare il primo, però è altrettanto chiaro come si debba lavorare parallelamente su più piani.

Altrimenti qui entro il prossimo 8 dicembre il bilancio sarà semplice da fare perchè saremo talmente tanto liquidi che non ci sarà più struttura organizzata da commentare e su cui lavorare.

E stiano attenti quelli che dicono che è necessario assecondare lo spirito di questa società liquida: un Partito degno di questo nome guida i processi, non si fa guidare dalle derive involutive.

Di tutto ciò, se vorrete, continueremo a parlare.

Buon 8 dicembre a tutti!

SOSTEGNO ALL’EMENDAMENTO 37/40 – Presentato anche nel VCO un ordine del giorno

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Anche a Verbania e in tutta la Provincia del VCO è importante far sentire la propria voce a sostegno dell’emendamento 37/40 presentato da Davide Mattiello in materia di edilizia scolastica.

La richiesta è semplice: che il Senato della Repubblica accolga l’emendamento che prevede uno sblocco del patto di stabilità per le province che vogliano investire in edilizia scolastica.

A questo proposito ho presentato in consiglio provinciale un ordine del giorno che va a sostegno dell’iniziativa di Davide perchè è importante che il sostegno arrivi direttamente dai territori. Così hanno fatto anche Domenico Rossi, in consiglio regionale, e Diego Sarno, all’assemblea nazionale di Avviso Pubblico.

Andiamo avanti allora, tenendo uniti la memoria di Vito Scafidi, che abbiamo ricordato anche quest’anno, il 22 novembre a al “Darwin” di Rivoli, e l’impegno nelle istituzioni.